Questo fantastico 2020
Questo fantastico 2020
di Umberto Matera
«È il 31 dicembre. Mancano pochi minuti all’inizio del nuovo anno. Il tempo di una canzone, il tempo per un uomo di scrivere una lunga lettera a se stesso. Il tempo di una vita»
Siamo a fine 2019 e il regista Marco Pellegrino parla così del suo personalissimo regalo di Natale e augurio per il nuovo anno per tutti noi: un videoclip molto speciale che omaggia i quarant’anni di un brano che dal febbraio 1979 è simbolo del Capodanno di tutti gli italiani, nonché check point fisso su cui fermarsi e da cui guardarsi un po’ indietro, riflettere e tornare a guardare avanti.
Certo che a rileggere le prime due strofe de “L’anno che verrà” di Lucio Dalla nel 2020 sembra vagamente di esser tornati ai tempi delle profezie maya che una decina di anni fa terrorizzarono tutti quanti. Tutti tranne Nicholas Cage, Nicholas Cage non ha paura dell’apocalisse.
Se poi pensiamo che la canzone era stata dedicata a Giuseppe Rossetti, amico di Lucio che fu costretto a passare la notte del 31 dicembre in prigione…brividini.
Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c’è una grossa novità,
l’anno vecchio è finito ormai
ma qualcosa ancora qui non va.
Si esce poco la sera compreso quando è festa
e c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra,
e si sta senza parlare per intere settimane,
e a quelli che hanno niente da dire
del tempo ne rimane.
È proprio vero Lucio: in questo 2020 abbiamo sicuramente avuto tanto bisogno di distrarci, ci siamo sentiti lontani gli uni dagli altri e siamo sicuramente usciti poco, anche quando è festa. I meno loquaci hanno avuto tanto, troppo tempo per scavare in se stessi; per tutti gli altri invece via di Teams, Meet, Skype, Hangouts, HouseParty e, soprattutto, Zoom.
Pazzesca la crescita della società di San José: i dati aggiornati a dicembre parlano di fatturato quintuplicato (?!?) e utenza aumentata di più del 400%; nota già da tempo soprattutto in America nel mondo del business aziendale, che era la principale sfera d’utenza di Zoom.
Succede che però a marzo arriva il lockdown, dettato dal problemadicuituttisappiamo, e le aziende hanno dovuto implementare l’utilizzo di servizi di conference call. In quel momento il nome di Zoom era sulla bocca di tutti, complice anche il fattore novità che gioca sempre un ruolo importante se si calcola la facilità con cui scarichiamo le app. Interfaccia semplice, modello freemium molto efficiente, grande stabilità su ogni dispositivo laddove altri software peccano ed il gioco è fatto, Zoom diventa la piattaforma perfetta non solo per le aziende, ma anche per quel gruppo di amici che vuole riunirsi digitalmente per una birra in compagnia.
L’azienda di San José è il caso più eclatante, ma sono state tante altre le protagoniste del torneo di salto del bilancio.
Quante serie TV e film avete visto negli ultimi mesi?
Quante cose avete acquistato online, magari anche solo per colmare una voglia momentanea di un determinato oggetto?
Quanti rider hanno bussato al vostro campanello per portarvi la cena o la spesa?
Risposta quasi certa: tanto, tanto, tanto, tipo Jovanotti nel 2005. Netflix, Amazon e Deliveroo entrano di diritto in classifica.
La vera scoperta su scala globale però è stata senza dubbio Twitch, la piattaforma di live streaming di proprietà di Amazon. Resa popolare grazie al gaming, si presta a decine di utilizzi per i creatori digitali: musicisti, divulgatori, blogger, disegnatori e chi più ne ha più ne metta, chiunque può portare il suo contenuto su Twitch e avere un’interazione molto diretta con i propri subscribers, ovvero coloro che decidono di seguirti e supportati sottoscrivendo un abbonamento mensile al tuo canale. In America è nota ormai da diversi anni, in Italia si è presa la scena quest’anno anche grazie ad una realtà musicale come Machete Empire, etichetta discografica fondata da Salmo, Slait ed Hell Raton, da quest’anno sbarcato ad X Factor.
Vi starete chiedendo:un’etichetta discografica su Twitch? Come mai?
La risposta è ampia ed è da splittare in 3 punti focali:
- Machete Gaming, side project dei ragazzi sardi volto a valorizzare gli eSports in Italia.
- MacheteTV, il loro canale Twitch che unisce musica e videogiochi e riesce ad attirare l’attenzione di tutti i fan dei membri della crew, molto spesso giovani e appassionati del mondo del gaming.
- il Machete Aid, una maratona di 12 ore in diretta streaming fra gaming e musica con la partecipazione di 50 artisti e il ricavato della quale è andato tutto a sostegno del settore musicale messo in ginocchio da quellabruttacosadicuinonvogliamoparlare.
La loro testimonianza può essere di grande importanza e ispirazione sia per il mondo della musica che per il mondo digital in senso più ampio: non bisogna mai aver paura di mettersi in discussione e mischiare le carte, soprattutto in un periodo come questo.
Ora facciamo un salto al pre-problemadicuituttisappiamo: siamo in Italia, più precisamente in Liguria, è inizio febbraio 2020 e l’attenzione mediatica sulla musica sale alle stelle. Sì, stiamo parlando proprio del Festival di Sanremo.
Amadeus conduce il suo primo Festival in tandem con l’amico di sempre Fiorello e fa discutere già a qualche mese dall’inizio della kermesse, concedendo la lista dei partecipanti in esclusiva al LaRepubblica come regalo di fine anno (era il 31 dicembre 2019) e mettendosi contro la stampa specializzata. Le polemiche continuano: fa scalpore la partecipazione del rapper Junior Cally che attira l’attenzione della stampa (e di Red Ronnie in particolare), venendo accusato di sessismo e istigazione alla violenza per alcuni suoi testi. La stessa sorte tocca ai Pinguini Tattici Nucleari, che con la loro “Irene” attirano l’attenzione perfino di Matteo Salvini. Viste come sono andate le cose, con il primo caduto nel dimenticatoio e i secondi perfettamente immersi nell’innocente panorama pop mainstream italiano, probabilmente si è fatto tanto rumore per nulla.
Rumore che sicuramente ha fatto Diodato, pluripremiato vincitore della 70esima edizione del Festival e grande trionfatore della critica giornalistica specializzata e non. Il suo grande successo ad alti livelli, dopo molti anni di gavetta, è simbolo di un messaggio che l’anno che ci apprestiamo a salutare ha provato a cancellare in ogni modo: la qualità, l’impegno, la perseveranza e il talento vengono sempre premiati. Sì, anche se sei fuori dalla scena urban e indie.
Il meglio l’ho tenuto per ultimo: Morgan e Bugo, signore e signori.
La storia la sappiamo: diverbio fra i due, nella quarta serata Morgan cambia la prima strofa di Sincero durante l’esibizione, Bugo abbandona il palco durante l’esibizione, l’orchestra si ferma e Morgan vaga sul palco in puro stile John Travolta in Pulp Fiction pronunciando le due parole che potrebbero da sole riassume quella serata: “che succede?”.
Non avendo completato l’esibizione i due vengono quindi squalificati ma sui social sono sicuramente loro i vincitori di questo Festival: “Dov’è Bugo?” e “Che succede?” diventano meme presenti sulle bacheche di chiunque facendo passare in secondo piano anche l’esibizione di Dua Lipa come ospite internazionale.
Di lì in poi poco altro per loro fino a fine anno, quando Morgan partecipa come giudice ad AmaSanremo salvo poi esplodere nella serata finale quando gli viene comunicato di essere stato escluso dal cast dei big per l’anno successivo, inveendo su Amadeus e tutto il sistema sanremese prima. Nel cast invece Bugo c’è, e quindi la situazione si ribalta: dov’è Morgan?
Poco più su si parlava di come la qualità venga premiata. Ovviamente il discorso, frecciatina al lato modaiolo della musica a parte, vale per ogni ambito, come il cinema ad esempio. In questo caso secondo me siamo davanti a qualcosa di ancora più grande, ovvero il caso Parasite.
Ma è giusto parlare di caso?
Parasite è un film sudcoreano diretto da Bong Joon-ho, regista apprezzatissimo in patria, uscito nel 2019, che come genere attinge dal thriller drammatico tanto quanto dalla commedia. Segni particolari? È stato il primo film non in lingua inglese a vincere l’Oscar come Miglior Film e il primo film sudcoreano a vincere la Palma d’oro al Festival di Cannes. Il cast, così come la troupe, è interamente sudcoreano e il film ha come file rouge una cruda, costante e tagliente critica sociale, tipica del cinema della Corea del Sud che negli ultimi decenni sta vivendo un periodo di grande crescita. Il fatto che un’istituzione americana importante come l’Academy, che ogni anno smuove la stampa mondiale e fa saturare i thread di Reddit, abbia premiato un film non solo non americano ma addirittura, lo ripeto, SUDCOREANO segna sicuramente un grande punto di svolta per il mondo del cinema così come di grande apertura per la cultura americana.
Il successo di Parasite è però figlio di un movimento ben più ampio che sta portando la cultura della Corea del Sud in giro per il mondo: stiamo parlando della hallyu, un movimento culturale che include il cinema, i k-drama, il k-pop e la cucina coreana.
In realtà sarebbe più corretto di parlare di hallyu 2.0, ovvero la proliferazione dei contenuti di origine coreana sul web grazie alle piattaforme di condivisione video e i social media il cui primo vero è proprio apice è stato il periodo di Gangnam Style, all’epoca video più visto nella storia di YouTube. Adesso però abbiamo dei nuovi k-idols…e sappiamo tutti di chi sto parlando.
Ebbene si, che ci crediate o no i BTS e Parasite appartengono ad una stessa corrente culturale. Loro sono la boyband simbolo del k-pop moderno che nel 2020 sta facendo numeri pazzeschi. Dynamite, il brano che state canticchiando da agosto, è il loro primo brano in lingua inglese e segno che il k-pop è pronto a conquistare il mondo definitivamente.
Inoltre se pensate che i BTS siano una one hit-wonder vi sbagliate: il gruppo in patria ha successo fin dal loro debutto nel 2013 con la Big Hit Entertainment, che è anche l’attuale casa discografica della boyband, e nel 2017 hanno letteralmente sconvolto gli Stati Uniti arrivando addirittura a vincere un Billboard Music Award. Pensate che Silvio Pietroluongo, vicepresidente di Billboard, li ha definiti influenti quanto Beatles e Monkees.
Ah dimenticavo, primo gruppo sudcoreano ed esser candidato ai Grammy.
Non tira per niente questa hallyu a quanto pare.
Si è parlato di apertura dell’America a livello culturale, ma purtroppo non è tutto oro quel che luccica.
Il 25 maggio 2020 l’agente di polizia Derek Chauvin arresta un uomo di colore, George Floyd, reo di aver comprato un pacchetto di sigarette con una banconota falsa. Il poliziotto però, nell’arrestare l’uomo, lo tiene a terra e gli mette un ginocchio sul collo facendo forza su di esso per 8 minuti e 46 secondi. “I can’t breathe, please” le parole di Floyd, purtroppo le sue ultime.
George Floyd perde conoscenza e solo 3 minuti dopo il poliziotto si allontana da lui su richiesta dei paramedici, giunti lì dopo essere stati chiamati dagli altri agenti.
George Floyd viene dichiarato morto all’Hennepin Medical Center di Minneapolis.
Abbiamo sentito tutti questa storia e abbiamo visto tutti quel dannato video, così surreale.
È stato trasmesso in diretta social e poi diffuso via Internet e da lì sono scaturite proteste e rivolte in tutto il mondo, in America in primis. Le tante rivolte, i tanti schermi neri, l’indignazione mondiale: si tratta dell’ennesimo caso di omicidio razzista. Si, nel 2020.
Dopo i risultati dell’autopsia sul corpo della vittima Derek Chauvin viene accusato di omicidio colposo il 30 maggio 2020 e viene posto in isolamento con videosorveglianza costante e controlli di persona ogni 15 minuti poiché pareva stesse meditando il suicidio.
Si è trattato di retaggio culturale? Di un abuso di potere? Probabilmente entrambe le cose.
Fa rumore, si. E non lo posso sopportare.
L’America è ancora protagonista nel nostro viaggio nel FANTASTICO 2020. Si, perché era l’anno delle elezioni presidenziali. E dato che abbiamo appena parlato di un episodio di razzismo non si poteva non continuare parlando di lui. Si, proprio di lui.
Donald Trump non è più il Presidente degli Stati Uniti, o meglio non lo sarà più a partire dal 20 gennaio 2021, giorno della fine del suo mandato. Joe Biden, del Partito Democratico, sarà il suo successore e avrà con sé come vicepresidente Kamala Harris, la prima vicepresidente donna nella storia.
Che governo è stato quello di Trump?
Aveva promesso un taglio delle tasse per ricchi e aziende e così è stato;
aveva promesso di rendere più difficile l’ingresso in America ai migranti e così è stato (c’è un vero e proprio muro in costruzione ai confini col Messico che lo testimonia);
aveva promesso la nomina di nuovi giudici conservatori presso i tribunali federali e la Corte Suprema e così è stato;
aveva promesso di favorire le aziende americane rispetto alla concorrenza proveniente dall’estero rivedendo o cancellando alcuni accordi commerciali e così è stato.
Di contro ci sono ovviamente tantissime promesse non rispettate riguardo la sanità, l’eliminazione delle infrastrutture, l’immigrazione irregolare, la questione militare in Medio Oriente e si potrebbe continuare a lungo.
Ma la cosa peggiore, ed è probabilmente la principale motivazione per cui ha perso queste elezioni, è stata la gestione delle problematiche legate alla questione pandem…ehm, il problemadicuituttisappiamo, prendendolo totalmente sottogamba.
Joe Biden, ad maiora.
Ho lasciato per ultimo il tema più caldo e che più ci sta a cuore: la musica. Colei che insieme al teatro e al cinema ha maggiormente ha subito lo schiaffo di…quellacosallì. La Musica Che Gira, Bauli in Piazza, Scena Unita, Spotify COVID-19 Sosteniamo la Musica sono alcune delle lodevoli iniziative portate avanti da rappresentati dei lavoratori, dagli artisti e da alcune aziende per tutelare questo mondo bellissimo; a questi si aggiungono numerosi concerti in streaming che hanno aperto le porte ad un nuovo mondo nel quale la musica si è tuffata un po’ per curiosità ma in gran parte per necessità.
Ci piacciono? Non ci piacciono? Sicuramente non possono sostituire la sensazione che ti dà un concerto vissuto in presenza, ma per ora è uno strumento da sfruttare al meglio.
E lo streaming? Beh ormai è lui che decide come funziona il game, quest’anno più che mai.
È uscita tantissima musica nel 2020, sia bella che brutta, ma sicuri che sia necessaria? Il buon Daniel Ek di Spotify pensa di sì e il mondo della discografia non può che ascoltare le sue parole e lavorare di conseguenza; ancor più i piccoli artisti indipendenti che per tenere il passo dei “fratelli grandi” tirano fuori singoli su singoli in maniera frenetica e delle volte senza una vera e propria strategia promozionale volta a far emergere la loro qualità. La mia opinione? Vorrei ascoltare molti più dischi, quelli fatti da 10-11 tracce. Quanto mi manca comprare un disco ed ascoltare solo quello per settimane, a volte anche mesi.
Siamo ai saluti. Wow, ero partito pensando che in questo 2020 fosse successo poco e niente e invece ci sarebbero ancora tante altre cose da dire, ma se le avessi inserite stareste brindando al 2021 leggendomi.
L’unica cosa che spero davvero con tutto il cuore in vista del nuovo anno è che non si veda sempre e solo il lato negativo.
Quante opportunità abbiamo perso guardando tutte quelle brutte notizie ai telegiornali?
Quante idee non abbiamo sviluppato perché presi dal fiume di post e articoli pessimisti trovati sui social network?
Quanto abbiamo pensato e alimentato dubbi sul futuro anziché programmare una ripartenza coi fiocchi?
Quante cose possiamo fare e non facciamo per leggere le ultime news sul Coronavirus?
Ops, alla fine l’ho detto. Vabbè, passerà. Ed è quello che dobbiamo pensare mentre rinasciamo, ci reinventiamo e torniamo a far rumore.